Un anno dalla promozione in Serie C; una promozione sofferta, cercata e ambita. Tu hai vissuto anche lo spettro dello spareggio di Vibo. Cosa ti ha dato la forza di ricominciare a Cava dopo quell’episodio?
«È stata una tragedia calcistica. Nessuno si aspettava quello che è successo dopo il grande campionato che abbiamo fatto. Quell’anno ammetto già si stava preparando la grande festa perché era impensabile vivere quello che poi realmente è successo a Vibo. Dopo quella partita non vi nego che ho pensato di smettere con il calcio, perché è stata una tragedia calcistica per tutti e a bruciapelo ho pensato: "Basta, voglio smettere perché la delusione è troppa". Io l’ho vissuta in prima persona, perché vivevo tanto la città di Cava. Personalmente per quanto riguarda l’anno della vittoria del campionato non pensavo che cambiando tutto il progetto si potesse arrivare alla vittoria, per me era un po’ un terno al lotto. Ma il direttore Logiudice mi chiamò subito e disse che voleva ripartire con me, Magri e a Lomasto, però all’inizio io non ero convinto, non sapevo come reagire e non sapevo che squadra sarebbe stata costruita. Successivamente, mi sono incontrato con i direttori Logiudice e De Liguori che mi spiegarono la loro idea: che squadra costruire, gli obiettivi, il girone che avremmo dovuto affrontare e quindi lì mi sono convinto: "ricomincio da capitano e cerco di entrare nella storia" e fortunatamente così è stato. Vi racconto qualcosa che pochi sanno: io prima di ricominciare il campionato mi sono visto con una parte della tifoseria dove ci siamo confrontati: squadra nuova, girone nuovo e quindi c’erano un po’ di preoccupazioni. Dissi alla tifoseria: “Abbiate un po’ di pazienza, stateci vicino, non so se vinceremo tutte le partite anche perché siamo una squadra nuova, ma faremo del nostro meglio e fortunatamente poi è andata bene».
Hai girato piazze importanti ma secondo te è vero che a Cava un calciatore può vivere in maniera diversa la pressione vista la passione della città?
«Ho giocato in tante città importanti: Messina e Arezzo su tutte ma a Cava secondo me è una delle poche tifoserie che hanno una grande mentalità e una grande passione. Ci sta che quando si va male si debbano accettano le critiche, come anche quando si devono prendere gli applausi se si va bene, ma secondo me se le cose vanno bene a Cava la piazza ti fa sentire un calciatore di Serie A. Un esempio lampante è la gara che abbiamo perso con l’Uri dove siamo stati bersagliati di critiche, il contrario è stato il doppio confronto con la Nocerina dove poi come ben sapete siamo accolti da una folla incredibile. Con l’Uri per me è stata la svolta iniziale, perché quelle critiche hanno fatto capire ai ragazzi da poco arrivati che in contesto stavano giocando. Quello che ci ha fatto andare avanti è proprio lo spirito d’abnegazione e il saper fare gruppo grazie anche ad alcuni punti cardini come Magnus Troest ad esempio. Magnus è stato un grande, non parlava mai, ma quando lo faceva il gruppo squadra ascoltava in silenzio. La Cavese è stata una squadra operaia, una squadra fuori dal comune anche perché non vinci con sedici punti di vantaggio per caso. Al di là del girone, a Cava de’ Tirreni non si vinceva da 18 anni e quindi la pressione era triplicata. La forza nostra è stata anche avere pochi momenti di flessione tipo la sconfitta con l’Uri dove poi abbiamo fatto un grande filotto e poi il mese di gennaio dove comunque abbiamo toppato in casa con Cassino e Ischia e poi non ci siamo fermati più. La svolta è stata pure l’andata con la Nocerina, dove forse con la mia espulsione è scoccata quella scintilla visto che si stava perdendo e poi è finita con una grande vittoria».
Come hai vissuto la vittoria del campionato? Dopo Vibo e la tanta pressione accumulata in tutto l’anno?
«Ho festeggiato almeno per due mesi e non scherzo. Dal 7 aprile fino alla fine di giugno era sempre una festa. Secondo me una cosa del genere succede solo a Cava de’ Tirreni, si potrebbe comparare alle numerose feste Scudetto del Napoli, ma è stato totalmente l’opposto. Ogni giorno dopo il 7 aprile usciva un motivo per festeggiare, infatti è stato veramente straordinario. Cava la tengo nel cuore, non solo perché ho legami oltre il calcio, ma perché mi è rimasta veramente nel cuore. Sono ancora in contatto con tante persone: con Michele, con tanti ragazzi della tifoseria, con alcuni ragazzi della società e dello staff, più il gruppo dello scorso anno veramente è una cosa che va oltre il calcio ed è la cosa più bella che ci sia. Tra 10 anni verrò sempre a Cava de’ Tirreni, sono un tifoso della Cavese. Mia moglie e mia figlia cantano tutt’ora i cori della Cavese, mia madre ogni domenica controlla la Cavese cosa ha fatto, ormai è una seconda squadra per la mia famiglia: dopo il Napoli c'è la Cavese».
Il momento dove avete capito che forse era fatta?
«Il momento dove abbiamo capito che era fatta è stato a Nocera. Sapete tutti l’accoglienza che ho avuto e che ha avuto la Cavese, ma non ci siamo fatti intimorire. Se non avremmo avuto coraggio di osare e tenere botta alle difficoltà a Nocera avremmo perso. Abbiamo fatto la nostra partita, abbiamo atteso la Nocerina anche perché non c’era questo assillo della vittoria, non ci siamo mai disuniti. Quella partita poteva essere la scintilla in negativo e invece no. Sono stato sempre convinto dei nostri mezzi, era nell’aria, lo sentivo: l’anno scorso nessuno ci avrebbe potuto fermare».
Sei al momento al secondo posto della classifica all-time della storia di calciatori della Cavese con Peppe Fella che è solamente ad un gol da te. A breve potrebbe esserci un sorpasso…
«Questa statistica la vidi già tempo fa. Già lì il mio cuore si è gonfiato d’orgoglio, perché comunque in un modo o nell’altro rimarrò impresso nella storia della Cavese oltre al campionato vinto. Auguro il meglio a Peppe Fella perché se lo merita, anche perché se segna, la Cavese vince. Ovviamente, mi dispiace se Peppe mi supera ma l’importante è che la Cavese faccia bene».
Sei un doppio ex per quanto riguarda la gara di domenica, che pensieri hai al riguardo e cosa ne pensi del campionato giocato dalla Cavese finora?
«Si, ho giocato a Cerignola. Ho giocato un anno dove abbiamo vinto i play-off di Serie D. È una bella realtà, è un progetto che va avanti da tanto e si meritano questa posizione di classifica. Cerignola si sta giocando la promozione in Serie B ed ha un bacino d’utenza come quello di Cava. Secondo me la Cavese con una buona progettazione perché la società ha le qualità per farlo può eguagliare il modello che stanno creando a Cerignola. La Cavese ha fatto un grande campionato ed è andata al di sopra delle aspettative e può ancora migliorarsi inseguendo il sogno dei play-off. Per me il risultato dell’andata fu bugiardo, ma nel complesso la Cavese si è giocata le partite con tutti senza mai andare realmente in difficoltà. Forse gli aquilotti hanno sbagliato pochissime partite: credo Turris e Juventus in casa su tutte. Ovviamente arriverà al Lamberti una squadra che si sta giocando il campionato con l’Avellino, ma credo che la forza del dodicesimo in uomo in campo e con quello che si gioca la Cavese perché non solo il Cerignola ha da perdere vedremo una bellissima partita e spero che gli aquilotti la portino a casa per continuare ad inseguire un piccolo sogno».
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