«Abbiamo toccato un nervo scoperto. Delle diciannove trasferte previste, la stragrande maggioranza non è stata aperta ai tifosi della Cavese. L’ordine pubblico è una priorità e va rispettato, ma il calcio che ho vissuto era diverso: c'erano entrambe le tifoserie, e questo faceva la differenza. I tempi sono cambiati, le norme di sicurezza prevedono giustamente delle precauzioni, ma secondo me bisogna trovare il coraggio di superare certi limiti. La violenza non deve essere tollerata, le regole devono essere rigide, ma nella misura giusta. Alle società viene chiesto di mettere a norma gli stadi, installare telecamere e altri sistemi di sicurezza, e se tutto questo è in regola, allora sarebbe bello poter tornare a vivere i derby, anche quelli più sentiti, con la presenza di entrambe le tifoserie.»
«C’è una sola qualità che può essere sicuramente riconosciuta a questa proprietà: quella di non illudere nessuno. Già nella scorsa stagione ci siamo presentati da matricola con l’obiettivo di consolidarci e fare esperienza nella categoria. Per una società nuova, cimentarsi in un campionato professionistico comporta inevitabilmente un processo di apprendimento. Il nostro obiettivo è fare piccoli passi alla volta, con concretezza, senza retorica.»
Sulla scelta dell’allenatore:
«La decisione di affidare la squadra a Prosperi è stata della proprietà e del direttore sportivo De Liguori. Prosperi è un tecnico giovane, ma ha già dimostrato di avere le qualità giuste. È stata una scelta condivisa, coerente con il progetto Cavese. Ricordo che a inizio stagione dissi chiaramente che il nostro obiettivo era una salvezza tranquilla. E così è stato: siamo arrivati undicesimi, e la salvezza non è mai stata davvero in discussione. Questo è un grande merito della società e di chi ha lavorato per raggiungere questo traguardo. Nulla va dato per scontato: il calcio, come dice qualcuno, è stato inventato dal diavolo, e può sempre riservare sorprese.»
Sulla stagione appena trascorsa:
«Siamo stati bravi tutti, anche di fronte alle piccole difficoltà. Abbiamo portato a casa un risultato prestigioso per una realtà come la nostra. Non voglio cadere nella retorica, ma è un dato di fatto: fare calcio in Serie C è quasi un’impresa. Gli adempimenti da rispettare sono tanti e complessi. Chi riesce a farlo, merita un riconoscimento. La Serie C è un calcio in difficoltà economica, ma pochi si preoccupano di supportare chi partecipa a questo livello.»
Sui progetti extra-campo:
«Il documentario è stata una delle tante novità volute dalla proprietà. Il presidente Lamberti ci teneva tantissimo, e il progetto sta dando buoni frutti. Il calcio moderno deve sapersi raccontare anche fuori dal campo. Attraverso la docuserie siamo riusciti a mostrare il lato invisibile della società e della città di Cava de' Tirreni. Inoltre, continueremo con entusiasmo il progetto Cavese per il sociale, che ha avuto un grande successo lo scorso anno e che vogliamo sviluppare ancora di più, sia dentro che fuori dal campo.»
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