Ripensando a quella parata di 17 anni fa... 

«Io mi sono allontanato dal calcio, i miei figli non praticano calcio, ma gli ho parlato sempre del calcio e per le emozioni che mi sono state trasmesse. Su tutti la prima con la finale persa col Gela, quando i tifosi piangevano per quello che avevamo dato in campo e poi la seconda che tutti sappiamo dopo la scomparsa di Catello che ha legato tutti noi calciatori come gruppo con tutto l'ambiente».

Quel gruppo squadra ad un certo punto non era fatto più da calciatori, ma di ultras... 

«L'altro giorno mio figlio mi ha chiesto quale fosse stata per me una delle emozione più grande, dopo le classiche come diventare papà ecc ecc, ebbene gli ho raccontato  della gara di andata al Simonetta Lamberti contro il Gela quando tutto lo stadio intonó il Dale Cavese e saltava tutto lo stadio, noi eravamo sotto gli spogliatoi e si sentiva tremare tutto facendo venire giù la polvere dell'intonaco, era il periodo in tv del film il Gladiatore, io stavo facendo la fasciatura alla caviglia e mi sono sentito un po' come Russel Crowe nel film ed è stata un emozione fortissima Io non posso dimenticare quello che poi è successo a Gela, perdere una finale e vedere i tifosi scavalcare e venirci ad abbracciare è qualcosa che mi è rimasto. Io sono sempre stato un calciatore che viveva il pubblico in maniera distaccata, non ho mai preso casa in centro, sempre fuori, ma il calore che ho avuto a Cava ha fatto in modo anche da rimanerci tanto che ad oggi vivo in Cilento.  Il calore del Sud mi è rimasto. Ricordo nel primo anno c'erano stati dei problemi societari ed alcuni tifosi si sono presentati di persona volendoci aiutare e a maggior ragione dopo qualche mese, abbiamo perso i playoff ed invece di insultarci, come capita in tutte le altre città, loro ci hanno apprezzato e tutti si sono legati alla città, anche chi in quegli anni non ha giocato. Ci siamo sempre definiti come gruppo non un branco di lupi, ma dei cani sciolti, anche perché ognuno aveva il suo carattere particolare, a partire da Mister Campilongo, mister Cotugno...è stato tutto un mix ed un incastro perfetto.  Pure perché anche dopo in futuro nessuno più ha ritrovato in altre parti un attaccamento e legame così profondo».

Come si fa ad essere sempre più competitivi e tecnici nel calcio moderno dove ormai si devono mettere in campo tanti giovani solo per fare minutaggio e fare cassa? 

«Perché per quanto ti alleni nel calcio conta pur sempre l'istinto, dai rapporti interpersonali, dai risultati, sono troppi i fattori ed alcune volte prevalgono cose più che altre.  Purtroppo non c'è una formula precisa, altrimenti tutti farebbero le stesse cose per creare un gruppo, che sicuramente aiuta. Poi più si sale di livello e più dipende anche dalla capacità tecnica,che unita poi al gruppo ti da sempre qualcosa in più, però poi la qualità più vai avanti e più conta.Per quanto riguarda i giovani, secondo me, tutte le regole che vincolano un giocatore in base all'età è sbagliata, perché l'età poi passa e tu (per il mondo del calcio) diventi vecchio dopo 3-4 anni e non hai più tempo di crescere. Il vincolo dell'età per me è una cavolata, pure perché le società hanno interesse a far giocare un giovane se è bravo dandogli i suoi tempi, poi che io ricordi i giovani bravi, hanno sempre giocato. Lo sport è semplice e fa una selezione naturale, se sei bravo vai avanti, se non sei bravo rimani indietro, penso che sia giusto così. Una volta i giovani crescevano anche grazie ai più esperti, oggi il livello del calcio lo notiamo tutti che si è abbassato e sicuramente questa regola che impone di far giocare i giovani non credo che aiuta, pure perché se una società non c'è la fa a sostenere determinati costi e spese, è giusto che venga fatta fuori dalla Lega».

Noi giochiamo da tre anni con un giovane 2004 tra i pali, che idea ti sei fatto di Boffelli? 

«I portieri bravi si riconoscono subito, io quando ho avuto il piacere di giocare in primavera a Viareggio contro Buffon mi sono cadute le braccia perché si vedeva ampiamente che era di un altra categoria per la semplicità che ci metteva nel fare certe cose, come parlavo di Antonioli che a Roma dicevano che fosse scarso, poi lo abbiamo incontrato a Bologna e mi accorgevo che ai tiri di Schetter, Aquino ecc ecc lui arrivava sulla palla o sotto la traversa con estrema facilità e mezz'ora prima, allora ti accorgi che le categorie esistono e ne devi dare atto. Tornando a Boffelli, è molto giovane e sicuramente il giocare lo aiuta a crescere e ricordiamo che gioca in una piazza calda e quindi sicuramente di stoffa e carattere ne ha. Io ho esordito facendo sempre da secondo a portieri ultrà trentenni, ed ho avuto opportunità di esordire solo grazie ad un indisponibilità del portiere titolare, oggi invece si punta sui portieri giovani, e non è semplice pure perché è uno dei ruoli più difficili sia dal punto di vista psicologico che fisico, perché tocchi pochi palloni e spesso possono essere decisivi anche in negativo, poi un portiere spesso viene ricordato più per episodi negativi, pochi sono quelli che vengono ricordati per grandi prestazioni. Secondo me Boffelli è un buon profilo».

Cosa ti ricordi della settimana precedente al derby del 10 Gennaio 2007, come vi siete caricati, c'è qualche aneddoto in particolare? Quali sono state le sensazioni a fine partita sotto il settore con i 3000 sostenitori blufoncé

«Mi facevo vedere il meno possibile in giro, perché avvertivi che c'era entusiasmo, la gente ti ferma, da una parte mi faceva piacere, ma poi ti tutto questo ti crea tensione quando sei da solo con te stesso, è dura comprendere che non puoi deludere quella gente, specialmente se ci sei legato, infatti, secondo me un giocatore non deve giocare in un posto dove è troppo legato, perché potrebbero esserci dei momenti negativi e poi è dura, non rendi più in campo, secondo me ci deve essere sempre un po di distacco, perché rischi di sprecare un sacco di energie nervose.  Ricordo poi della fotografa della Salernitana che durante la gara me ne diceva e faceva di tutte alle spalle e per ripicca ad ogni rinvio gli andavo a battere con i tacchetti contro il tigrotto gonfiabile alle spalle della porta. Il gesto finale dopo la parata sotto la curva della Salernitana è stato un gesto di istinto e di trasporto contro Salerno proprio per quello rappresentava a Cava (una tirata spensierata di sigaretta)».

Sezione: News / Data: Ven 03 ottobre 2025 alle 16:19
Autore: Emilio Socci
vedi letture
Print