Siamo ottimisti per natura e, quindi, la premessa è d’obbligo: è volata via anche il ventisettesimo turno, i punti di vantaggio restano ancora tanti (9) e alle spalle le concorrenti continuano a marciare con passo irregolare.
Notizia sicuramente positiva. L’unica di una giornata che, invece, ne ha presentate diverse di stampo opposto.
A cominciare dalla sconfitta casalinga contro la Nuova Florida, la terza di questa stagione al “Simonetta Lamberti’, alla quale si sono aggiunti pure gli infortuni di Zenelaj e Magri - per i quali si attende l’esito degli esami strumentali di rito - che rischiano seriamente di salutare anzitempo la stagione 2023/24.
‘Quella con i laziali è la partita più importante dell'anno’ aveva detto Di Napoli alla vigilia. Enfatizzando forse il concetto, proprio per tenere dritte le antenne dei suoi ed evitare possibili cali di tensione.
Rischio reale.
Tra l’altro già palesatosi nello scorso campionato, dopo il pareggio ottenuto a Parabita contro il Casarano. Alla terz’ultima di campionato, prima di quel funesto scontro col Martina.
Anche questa volta, dopo il pari conquistato al ‘San Francesco’ di Nocera Inferiore, si è materializzata la sensazione di aver superato l'ostacolo più grosso. L'ultimo, nella testa di un po' tutti.
Pensiero, al tempo stesso, stupendo e infido. Pericolosissimo.
E, infatti, il conto (salato) è arrivato puntuale.
‘La partita più importante dell’anno’ è stata bucata in pieno.
È durata, in tutto, dieci minuti. Il tempo di registrare un paio di affondi leggeri e un'occasione piuttosto clamorosa non trasformata da Foggia.
Intanto, però, gli avversari dopo soli tre giri di lancette se n'erano costruita una gigantesca con Limongelli, eseguendo alla perfezione tutto quanto avevano preparato in settimana. Ripartenza rapida, scarico sulle corsie esterne e inserimento a rimorchio dei centrocampisti.
La giocata riuscita al primo colpo, pur senza trovare il gol, ha iniettato subito certezze nelle vene dei laziali, che da quel momento in poi non hanno più allentato la presa. Con la complicità, ovviamente, di una Cavese scollegata.
Spenta nella mente, molle nel fisico. Spaccata a metà. Tatticamente piatta. Con le punte distanti cinquanta metri dalla linea di difesa, fin troppo infarcita di elementi, e i mediani mai capaci di afferrare il bandolo della matassa. Poche idee, poco movimento senza palla, poca determinazione, ma, soprattutto, poco corsa. Un fondamentale che in questa categoria non può mancare.
I laziali, invece, hanno corso di più è meglio. Sempre primi sulle seconde palle. Sempre consapevoli dello spartito da seguire.
La Cavese ha reagito con la forza dei nervi, ma senza costrutto. Certamente non rinvigorita dai cambi proposti dal tecnico, come, invece, era successo nelle gare interne precedenti.
Gli ospiti lo hanno capito e non si sono scomposti, neppure al momento del pareggio (fortunoso) di Troest. Anzi, pronti-via sono subito ripartiti a caccia del raddoppio. Con la furia di chi si sentiva vittima di un’ingiustizia. In cinque minuti di gol ne hanno fatti addirittura due, mettendo il cappello sulla vittoria finale.
Un ceffone vigoroso che (fortunatamente) non ha creato sconquassi alla classifica degli Aquilotti, ma sul quale Di Napoli dovrò lavorare in questi giorni, per farlo metabolizzare al gruppo e spronarlo all’immediato riscatto sul campo di una Flaminia Civitacastellana, che potrà giocare con la forza della serenità, non avendo assilli di classifica.
Ci vorrà un’altra Cavese
𝘕𝘶𝘯𝘻𝘪𝘰 𝘚𝘪𝘢𝘯𝘪
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