Un'intervista carica di emozione tra legami che resistono al tempo, immagini che non sbiadiscono ed un amore per Cava che non conosce distanza.
Davide, stai seguendo la Cavese? Ti aspettavi una salvezza così in anticipo?
«Sì. Per quanto riesco, cerco sempre di seguire la Cavese. Ho visto diverse partite e, per quanto ho potuto, ho percepito un grande spirito di appartenenza e voglia di lottare. Non era facile, da neopromossi, mantenere la categoria, ma ho visto atteggiamento, sacrificio e cuore. Ero quasi sicuro che ce l’avrebbero fatta».
Hai rivisto in loro lo spirito dello scorso anno?
«Assolutamente sì. Anche se gli obiettivi sono diversi – noi per vincere, loro per salvarsi – la dedizione è la stessa. Danno tutto ogni partita, e questo mi ha ricordato molto la nostra squadra».
Rivedere il gol contro l’Atletico Uri, che effetto ti fa?
«Bellissimo. L’ho rivisto tante volte quest’anno. Vivendo da solo, ho avuto modo di riguardare tante emozioni. Quel gol mi riempie di orgoglio. Un’emozione personale che mi porterò sempre dentro».
Un ricordo che ti porti particolarmente nel cuore della passata stagione?
«Ce ne sarebbero tantissimi, ma uno su tutti è la corsa sotto la tribuna al ritorno dalla Sardegna. Dopo qualche minuto di attesa nel tunnel, non vedevamo l’ora di correre verso i tifosi. Ricordo i fumogeni rossi, i cori, la gente in festa. Un’immagine che porterò per sempre nel cuore».
Quanto sei cresciuto, anche a livello personale, grazie all’esperienza a Cava?
«Tantissimo. Sono arrivato da sconosciuto e ho imparato cosa significa giocare per una piazza così importante. Le responsabilità, il comportamento, la consapevolezza. È stata una crescita soprattutto umana, personale oltre che calcistica».
C’è un motivo per cui molti di voi non sono stati riconfermati?
«È una domanda a cui non ho mai trovato una risposta chiara. Credevo che dopo una vittoria così, chi aveva dato tanto sarebbe rimasto. Ma la società ha fatto le sue scelte, sicuramente con l’obiettivo di fare il meglio per la Cavese. Non porto rancore, anzi, rispetto le decisioni».
Chi ti manca di più dello spogliatoio?
«Tutti, davvero. Eravamo una famiglia. Ma se devo fare dei nomi, mi manca tantissimo Gianmarco, con cui avevo un rapporto speciale. Mi manca Ciro, che prendevo sempre in giro. E mi manca Kevin, perché vivevamo insieme, ogni giorno, e condividere quella quotidianità crea un legame unico. Di recente ho sentito Ciro in videochiamata, anche se capirlo non è facile (ride), e ieri ho parlato con Antonelli. Ci sentiamo spesso, c’è ancora un bel legame».
E le emozioni dopo quella partita in Sardegna?
«Indimenticabili. Dopo la doccia, sono rientrato in campo e ho visto un ragazzo in lacrime che mi disse: 'Davide, ce l’abbiamo quasi fatta!'. Una volta finita la partita della Nocerina, ci fermammo in una piazzetta, scendemmo dal pullman, festeggiammo e ci abbracciammo tutti. I giorni successivi capimmo quanto ogni frazione di Cava amasse davvero questa squadra».
Ti aspettiamo a Cava!
«Appena posso torno. Ricordatevi che i campionati si vincono tutti insieme. Non solo noi in campo, ma anche lo staff, la società, i tifosi. La sinergia che c’è a Cava fa la differenza. Anche quest’anno, parlando con alcuni tifosi, ho sentito quella stessa passione. Quando giocavo al Simonetta Lamberti, bastava sentire i cori per dimenticare la stanchezza. Questo è il valore aggiunto della Cavese».
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